Il latte di scarto utilizzato negli allevamenti di vitelli spesso non viene correttamente “gestito” dagli allevatori ed il risultato ultimo è una cattiva alimentazione degli animali in una fase fondamentale del processo produttivo, con conseguenze sull’incremento ponderale ma anche sullo stato sanitario dei vitelli.
In un lavoro effettuato in 12 allevamenti di vitelli è stato analizzato il latte utilizzato per l’alimentazione degli animali. Tra i parametri valutati vi sono la conta batterica sul latte sia pre- che post- pastorizzazione, la conta cellulare (CCS), il pH (l’acidità), l’alcool test per la coagulazione e il residuo secco (contenuto di nutrienti), valutato attraverso l’utilizzo di un refrattometro.
I risultati hanno evidenziato come alcune aziende avevano un contenuto in sostanza secca molto basso, anche prendendo in considerazione il latte di pool. Questo valore ci indica che i vitelli non sempre vengono alimentati correttamente come ci si aspetterebbe utilizzando latte intero (normalmente con valori di residuo secco intorno a 12.5-13%). Questo risultato è molto probabilmente legato alla diluizione con acqua.
La conta batterica è risultata essere elevata pre- pastorizzazione anche se questo trattamento è risultato essere efficace, inattivando i batteri. E’ da precisare, però, che la pastorizzazione uccide i batteri ma questi rimangono nel latte che viene somministrato ai vitelli . Non sono molte le informazioni riguardo all’effetto che questi hanno sui giovani animali. Indubbiamente l’ingestione di grandi quantità di endotossine derivanti dai coliformi hanno dimostrato, in numerosi lavori sperimentali, avere un importante effetto tossico sugli animali, anche se nessuno studio è mai stato condotto sui vitelli in particolare. Normalmente la barriera intestinale funge da barriera alle endotossine impedendone il passaggio nel sangue. La distruzione di tale barriera da parte di infezioni o altre cause (come dismetabolismi) potrebbe però favorire l’endotossiemia.
Il pH del latte di scarto subisce notevoli variazioni. Il pH può essere modificato dallo stato di deterioramento del latte, dal tempo, dalla temperatura, e dal tipo e numerosità dei batteri presenti.
Il deterioramento del latte influisce non solo sull’odore ed il colore di quest’ultimo bensì anche sul contenuto in nutrienti. Il pH infatti è strettamente correlato alla percentuale di residuo secco: minore è il pH, minore è il contenuto di nutrienti. L’alcool test, chiamato anche test di coagulazione dell’etanolo, è un altro metodo per valutare lo stato alterazione del latte. E’ un test che prevede di miscelare una quantità pari di latte da testare e alcool dal 70% al 75%. La coagulazione è presente se si osserva una cagliata nel latte. Questo metodo risulta meno oggettivo nel definire il livello di alterazione del latte rispetto alla misurazione del pH.
Il conteggio delle cellule somatiche è risultato, ovviamente, molto elevato. Questo dato è correlato al basso contenuto in residuo secco e basso contenuto proteico.
Riassumendo da questo studio emerge come, per monitorare la qualità del latte di scarto da somministrare ai vitelli, vi siano tre importantii punti da considerare:
pH che dovrebbe essere compreso tra 6.3 e 7. Un latte con pH minore di 6.3 o maggiore di 7 andrebbe eliminato;
Sostanza secca che dovrebbe avere valori normali (>12%) . Quando scarsa, bisognerebbe considerare di aggiungere latte in polvere;
Conta batterica totale che deve essere non elevata pre-pastorizzazione e quindi valutata post- pastorizzazione per monitorare l’efficacia del trattamento termico.
Attraverso un controllo periodico sarà quindi possibile valutare realmente la qualità del latte somministrato ai vitelli, riducendo il rischio di errori nella gestione della nutrizione degli animali.
M.Mazzilli
Dati tratti da Moore (Hoard’s Dairyman del 25 aprile 2010).
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