La composizione chimica dell’acqua di bevanda somministrata alle bovine da latte è raramente presa in considerazione, eppure l’acqua è un elemento molto importante poiché, oltre ad essere fondamentale per la vita dell’animale, svolge un ruolo di primo piano nella sintesi del latte e ne influenza direttamente le caratteristiche organolettiche e tecnologiche. Il latte è costituito per l’87-88% di acqua e una bovina in lattazione consuma mediamente 95 litri di acqua ogni giorno. La domanda mondiale di acqua utilizzata per l’allevamento di bovini è destinata a raggiungere i 2,36×1014 litri nel 2025, con un incremento di oltre il 630% rispetto ai consumi registrati nel 1995. Da questi dati emerge che il settore lattiero-caseario sarà tra quelli maggiormente influenzati dalla crescente concorrenza per l’utilizzo delle risorse idriche disponibili.
In questo scenario di “crisi idrica” il riciclaggio o il riutilizzo delle acque per il consumo da parte dei bovini da latte potrebbe diventare necessario per ottimizzare lo sfruttamento delle risorse idriche, sempre più limitate. Questo rende necessarie un’attenta valutazione e un’approfondita comprensione delle possibili conseguenze che le caratteristiche minerali delle fonti idriche possono avere sulla salute delle bovine e sulla qualità del latte da esse prodotto.
Un eccesso di qualsiasi metallo pesante, in particolare quelli dotati di elevato potere ossidante, come ferro e rame, può avere effetti negativi sulla qualità del latte.
Il ferro nel latte crudo è naturalmente presente a una concentrazione media di 0,5 mg/kg, con contenuti minimi e massimi compresi nel range di 0,3-0,6 mg/kg.
Il latte, se esposto all’azione di elementi minerali con elevato potere ossidante, in particolare rame, ferro e magnesio, subisce un rapido processo ossidativo, attraverso una cascata auto-ossidativa, a carico degli acidi grassi insaturi, dei grassi neutri e dei fosfolipidi. Uno squilibrio tra il contenuto di metalli ossidanti e la presenza di sostanze antiossidanti può contribuire alla propagazione di tale cascata ossidativa, favorendo il degrado dei substrati lipidici con conseguente produzione di acidi grassi a catena corta, aldeidi e chetoni volatili. Molte di queste sostanze volatili, anche se presenti in concentrazioni molto basse, contribuiscono allo sviluppo di sapori e aromi che alterano rapidamente le caratteristiche organolettiche del latte fresco.
L’effetto negativo sulle caratteristiche organolettiche può verificarsi non solo nel latte, ma anche in alimenti che contengono ingredienti ottenuti da latte che è andato in contro a fenomeni ossidativi.
L’incidenza di tali alterazioni a carico del latte è generalmente bassa. Episodi sporadici possono essere attribuiti, oltre che al contatto diretto con oggetti metallici (tubi, utensili e attrezzature varie) ad alte concentrazioni di metalli nei mangimi oppure, alla presenza di cationi bivalenti nell’acqua utilizzata per la pulizia e la sanificazione delle apparecchiature a contatto con il latte.
Elevate concentrazioni di ferro e di altri metalli nell’acqua potabile possono derivare da:
Caratteristiche del terreno in cui è localizzata la falda acquifera.
Contaminazione della falda da parte di acque di scolo di miniere o impianti industriali.
Lunghi periodi di siccità.
Anomalie nei sistemi di raccolta e di stoccaggio delle acque destinate agli allevamenti.
L’obiettivo dello studio descritto nel presente articolo è di determinare gli effetti, sulla stabilità ossidativa e sulle caratteristiche organolettiche, dall’aggiunta diretta e indiretta (mediante infusione in abomaso) di bassi, moderati ed elevati quantitativi di ferro nel latte.
Effetti dell’aggiunta diretta di ferro nel latte
La determinazione analitica dello stato di ossidazione dei campioni di latte è stata eseguita tramite la valutazione della concentrazione di Malondialdeide (MDA), sostanza prodotta durante i fenomeni ossidativi a carico delle sostanze lipidiche presenti nel latte, a tre giorni dall’aggiunta di ferro. I risultati ottenuti sono riportati nel grafico n. 1.
Grafico n. 1 – Contenuto di Malondialdeide nei campioni di latte pastorizzato a tre giorni dall’aggiunta di ferro.
I risultati non hanno evidenziato differenze statisticamente significative per quanto riguarda il contenuto di MDA nel latte in cui sono stati aggiunti basse dosi di ferro (0,0027 mg/kg) rispetto al controllo (0 mg/kg). Al contrario il latte al quale sono state aggiunte dosi intermedie di ferro (0.027 mg/kg) ha mostrato un contenuto di MDA notevolmente superiore rispetto al controllo. La concentrazione di MDA nel latte trattato con dosi elevate di ferro (0,27 mg/kg) è risultata essere significativamente superiore a quella del latte cui è stata aggiunta una dose intermedia di ferro e ha superato il valore di 1,3 mg di MDA/kg, solitamente utilizzato come limite soglia sopra il quale le alterazioni ossidative a carico del latte sono percepite come sgradevoli alterazioni organolettiche da parte del consumatore.
I risultati delle prove sensoriali, a cui sono stati sottoposti in seguito i campioni, utilizzando un panel di soggetti scelti casualmente, hanno evidenziato che l’aggiunta di ferro determina notevoli variazioni sensoriali, anche dopo l’aggiunta di basse dosi di ferro. Infatti, 22 dei 43 soggetti che hanno preso parte all’esperimento hanno percepito differenze sensoriali anche nei campioni con basse dosi di ferro aggiunto, rispetto al controllo. Questo suggerisce che la valutazione sensoriale è molto più sensibile rispetto alla determinazione della concentrazione di MDA nel determinare lo stato di ossidazione del latte e che la contaminazione accidentale di latte con dosi anche molto basse di ferro può influenzare notevolmente le caratteristiche organolettiche percepite dal consumatore.
Effetti dell’aggiunta indiretta (infusione in abomaso) di ferro nel latte
Durante questa fase del lavoro sperimentale sono state selezionate quattro bovine alle quali sono state somministrate, tramite catetere inserito in abomaso, differenti dosi di ferro (sotto forma di lattato ferroso) per un periodo di sette giorni. Le soluzioni di lattato ferroso utilizzate nei trattamenti presentavano le seguenti concentrazioni: controllo (0 mg/kg), bassa concentrazione (200 mg/kg), media concentrazione (500 mg/kg) e alta concentrazione (1.250 mg/kg). Ipotizzando che ciascuna bovina assuma 100 litri di acqua potabile al giorno questi livelli corrispondevano a 0, 2, 5, e 12,5 mg di ferro/kg di acqua.
Dal settimo giorno antecedente all’inizio dell’infusione le bovine sono state isolate da fonti esterne di acqua e il contenuto di ferro apportato con la dieta è stato standardizzato a 651 mg/kg.
Il latte prodotto al quattordicesimo giorno di trattamento è stato standardizzato, omogenizzato, pastorizzato e conservato in assenza di luce e a una temperatura di 4 C° per undici giorni. I campioni di latte sono stati analizzati per determinare la concentrazione di MDA al primo e al settimo giorno di conservazione. Al contrario di quanto si era verificato dopo l’aggiunta diretta di ferro al latte, in questo caso le analisi non hanno evidenziato differenze statisticamente significative, per quanto riguarda la concentrazione di MDA, tra il campione di controllo e i campioni di latte prodotto dalle bovine trattate con basse, medie ed elevate dosi di lattato ferroso.
In seguito i campioni di latte sono stati sottoposti a prova sensoriale utilizzando un panel di 144 persone. Durante la prova 66 persone hanno percepito differenze organolettiche nel campione ottenuto dalle bovine trattate con basse dosi di lattato ferroso, 79 e 80 persone hanno percepito differenze nei campioni ottenuti, rispettivamente, dalle bovine trattate con medie ed elevate dosi di lattato ferroso.
Questi risultati indicano che, sebbene i test analitici non evidenzino alcun effetto dell’infusione in abomaso di soluzioni di lattato ferroso sulla stabilità ossidativa del latte, le prove sensoriali dimostrano che i consumatori possono facilmente percepire differenze organolettiche tra campioni di latte ottenuti da bovine che assumono differenti dosi di ferro.
In conclusione possiamo affermare che alti livelli (> 0.3 mg/kg) di ferro nell’acqua di bevanda somministrata alle bovine da latte non accelerano i processi ossidativi a carico del latte, al contrario di ciò che avviene in caso di contaminazione diretta del latte dopo la mungitura, ma sono comunque in grado di alterarne le caratteristiche organolettiche. Probabilmente queste alterazioni si ripercuotono negativamente anche sulle proprietà tecnologiche del latte e dei suoi derivati.
Per questi motivi gli allevatori e i soggetti che si occupano della trasformazione del latte dovrebbero essere a conoscenza del contenuto di ferro, e degli altri minerali, dell’acqua utilizzata in tutte le fasi produttive, dalla produzione primaria di latte alla sua trasformazione.
Fonte: Effects of mineral content of bovine drinking water: Does iron content affect milk quality?. G. R. Mann, S. E. Duncan, K. F. Knowlton, A. D. Dietrich, and S. F. O’Keefe. – Journal of Dairy Science Vol. 96 No. 12, 2013.
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